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La vocazione di suor Agnese

 

di Giovanni Verga

 

Era venuta dopoalla povera Agnesela vocazione di prendere il veloquando la sua famigliacaduta in rovinafu costretta a farla monaca perdarle un tozzo di pane.

Prima era destinata al mondo. A casa sua filvano e tessevano labiancheria pel corredo di leimentr'essa terminava l'educandato a SantaMaria degli Angeli. Suo padredon Basilio Arlottal'aveva già fidanzatacol figliuolo del dottor Zurloun partitone che faceva gola a tutte lemamme del paesemalgrado la bassa nascita. Bel giovanebianco rosso etrionfanteegli faceva l'innamorato con tutte quante le ragazze. Com'erafiglio unicoe donna Agnesina Arlotta avrebbe portato la nobiltà neiZurlos'era lasciato fidanzare a leie aveva preso gusto anche ascaldarle la testarecitando la sua parte di primo amoroso del paese.Babbo Zurlo che mirava al sodoe a quella commedia ci credeva pocodiceva in cuor suo: - Il suggeritore lo faccio io. Se don Basilio Arlottanon snocciola la dote in contantispengo i lumi e calo la tela -.

Don Basilio arrabattavasi appunto a mettere insieme la dote confacentealla nascita della sua Agnesegiacché di nobiltà in casa ce n'eraassaima pochi beni di fortunae imbrogliati fra le liti per giunta. Ilpover'uomo che voleva far contenti tuttie non ci vedeva dagli occhi perla figliuola ingolfavasi nelle spese: venti salme di maggese alleTerremorte seminate tutte in una volta; la lite di Palermo spinta innanzia rotta di collo. - Come chi dicesse un pazzo che giuoca ogni cosa su diuna cartaa fin di benesia pureper amor della famiglia; ma fu quellala sua rovina.

Lavorava come un canesempre in faccendedi qua e di làcon gented'ogni colore che gridava e strepitava. Partiva all'alba pei campietornava a tarda serasfinitocoll'aria stravoltasognando anche lanotte i seminati in cui aveva messo il poco che gli rimanevae tutte lesue speranze. - San Giovan Battista! - Anime del Purgatorioaiutatemivoi! - Così pregava la Madonna dell'Idriaaccendendole di nascosto ognisabato la lampadadinanzi all'immagine benedetta del Papaperchéfacesse piovere. Teneva nascoste ai suoi le lettere dell'avvocato che gliparlavano della causa. In casa sforzavasi di mostrarsi allegroilpoveraccio. Rispondeva alle occhiate timidamente ansiose della moglie: -Va bene - Non c'è male - Domeneddio non ci abbandonerà in questopunto... - Si confessò e si comunicò a Pasqua; si mise in grazia di Diopregando coll'ostia in bocca per la buon'annataper la vittoria dellaliteper la buona riuscita del matrimonio che doveva far felice la suacreatura...

Essa purel'Agnesinail bene che le volevano se lo meritava. Buonaamorevoleubbidientequando le avevano fatto vedere lo sposo attraversola grata - una lontana parente - e la mamma le aveva detto all'orecchio: -È quello lì. Ti piace? - Essa aveva chinato il visorosso qual brace:-Sì -. Poisuccessa la catastrofecome le fecero intendere che bisognavarinunziare a don Giacomino e darsi a Diochinò il capo di nuovo e disse:- Sì -.

Era stato il giorno di Pasqua che glielo avevano fatto conoscerequelcristiano. L'aspettavalo sapeva quasi. Le avevano messo in capo quelbrulichìo le confidenze delle amichele visite insolite delle parenti diluicerte mezze parole della mamma... Ahche festa quella mattina che lamamma le aveva fatto dire di scendere in parlatoriodopo le funzioni! Chedolcezza nel suono dell'organoquante visioni nelle nuvolette azzurre cherecavano sino al coro il profumo dell'incenso! Che batticuore inquell'attesa! Ogni cosa che ridevaogni cosa che risplendeva d'oro e disoleogni cosa che sembrava trasalire allo scalpiccìo della gente cheentrava in chiesaquasi aspettassequasi sapesse già... Non lodimenticò più quel giorno di Pasquala poveretta. Ancoradopo tantianniquando udiva lo scampanìo allegro che correva su tutto il paeselesembrava di rivedere il giardinetto tutto in fiorele compagneappollaiate alle finestreun cinguettìo di passeriun chiacchierìogiulivo di voci note e careun ronzìo nelle orecchieuno sbalordimentoe luiquel giovinecol sorriso già bell'e preparatoe la destra nelpanciottoe l'occhiata tenera che sembrava sfuggirgli suo malgradoinmezzo ai suoi parential di là della soglia del portone spalancato...

Le avevano pure fatto una gran festa all'uscire dal monasterotutti iparentianche quelli di lui. Il babbo era tanto contento quella sera! Idispiaceri e i bocconi amari se li teneva per séil poveretto. Per glialtri invece aveva fatto preparare dolci e sorbetti che Dio sa quel chegli erano costati. Dio e lui solo! E nessun altro. - Né la ragazza percui si faceva la festané il giovane che le avevano fatto sedere allato.- Se don Giacomino avesse sospettato in quel momento quanti pasticcic'erano in quella casae come la dote che gli avevano promessa tenesseproprio al filo della buona o cattiva annataavrebbe preso il cappello esarebbe andato viasenza curarsi di far più l'innamorato.

E sarebbe stato meglio; ché allora la giovinetta non aveva ancoramessa tutta l'anima sua in quel giovineal vederlo tutti i giorniquasifosse già uno della famigliache veniva a farle visitaquasi anche luinon potesse stare un giorno senza vederlae si metteva a sedere accanto aleie le diceva tante cose sottovoce. E la mamma era contenta lei pureeaspettava anche lei l'ora in cui egli soleva veniree adornava colle suemani la sua creatura. Le avevano fatta una veste nuova color tortorella;l'avevano pettinata alla modacolla divisa in mezzo. Allora aveva dei beicapelli castagniche gli piacevano tanto a lui. Le diceva che sarebbestato peccato doverli tagliare per farsi monaca. Discorreva anche di tantealtre cosecon la mamma o col babbodi ciò che gli avrebbe assegnatosuo padredel come intendeva far fruttare la dote che gli avevanopromessodel modo in cui voleva che andasse la casa e tutto. La mammafaceva segno ad Agnese di stare attenta e di badare a ciò che diceva luiche doveva essere il padrone. Un giorno egli le aveva regalato un bel paiod'orecchinie aveva voluto metterglieli colle sue stesse maniinpresenza della mamma. Come passavano quei giorni! Le ore in cui egli eralìvicino a leile ore in cui essa l'aspettavale ore in cui pensava alui - le sue paroleil suono della sua vocei menomi gestitutto - colcuore gonfiocolla testa piena di luichina sul lavoroagucchiandoallato alla mamma. La mamma sembrava che le penetrasse nell'animaconquegli occhi amorosi che la covavanose tacevain tutto quel che dicevafin nei consigli che le dava intorno al taglio di un corpetto o pel ricamodi un guanciale su cui dovevasi posare il capo della sua figliuolaaccanto a quello dello sposo. Ci pensava spesso la giovinettacol visochinofacendosi rossa fino al collo. E la mamma sembrava che le leggesseil pensiero dolce negli occhi fissi ed assortiche ne giubilasse ancheleipovera vecchiasenza alzare gli occhi dal lavorofingendo di nonvederequando il giovane cercava di nascosto la mano tremante dellaragazzaquella volta che approfittando della confusione di tutto ilparentado venuto a farle visita le sfiorò il viso fra un uscio e l'altrocome a caso. Venivano spesso i parenti e le amichetutti che pigliavanoparte alla gioia comune. C'era un'aria di festa nella casanei mobiliripulitinei mucchi di biancheria sparsi qua e lànel va e vieni disarte e di operaienelle donne che cantavano affaccendate. Il babbo peròaveva un certo modo di esser contento che toccava il cuore. Gli spuntavanole lagrimea voltenell'abbracciare la figliuola. Le diceva: - Che Dioti benedica! Che Dio ti benedicafigliuola mia! - E le mani glitremavanoaccarezzando la sua Agnesee rinfrancava la voce cosìdicendoper dare ad intendere ai gonzi che dormiva su due guancialiriguardo ai suoi interessi. A San Giovanni che il paese intero bestemmiavaDio e i santilagnandosi della malannataaveva il coraggio di diresoltanto lui: - Non c'è tanto malepoi. Potrebbero andar peggio le cose.Lìa Terremorteci ho venti salme di maggese. Calcoliamo pure sullamedia... Ho avuto buone notizie della litelaggiù... -

Ma parlava così perché nel crocchio che stava a sentir la musica inpiazza era pure la sua figliuolaseduta accanto allo sposocolla vestedi mérinos e il cappellino comprato a credenza. Sembrava cosìintentala cara fanciullasenza un pensiero e senza un sospetto almondo! Il dottor Zurlo invece aveva certi occhi inquisitorie insistevacon certe domande indiscrete che facevano sudar freddo il povero donBasilio: - E quanto credete che vi daranno le Terremorte? E che n'è dellacausa? Vi siete messo in una grossa impresavoi. Io nei vostri panni nondormirei più la notte... Con una malannata simile! Le meglio famiglie nonsanno come va a finirevi dico! A metter su casa ci penserà bene ognigalantuomoquest'anno! - Per poco non si sfogò col figliuolo che nonbadava ad altroluiin quel momentopigliando fuoco ai begli occhi didonna Agnesinaeccitato dalla musica che suonava e dalla bella seratatepida.

Però don Giacomino non era sciocco neppur lui. Oltrechénei piccolipaesi tosto o tardi si vengono a scoprire gli imbrogli di ciascuno. Ilpovero don Basilio Arlotta friggeva proprio come il pesce nella padellaassediato dai creditoristretto da tanti bisognile spese della causail fitto delle terrele paghe dei contadini. Correva da questo aquell'altros'arrapinava in ogni guisacercava di far fronte allatempestadava la faccia al vento contrario almenopagava di persona.Quandoal tempo della messefu colto da una perniciosa che fu a un pelodi portarselo via - e sarebbe stato meglio per lui - non diceva altroneldelirio: - Lasciatemi alzare. Non posso stare a godermela in letto.Bisogna che vada. Bisogna che cerchi... So io!... So io!... -

E lo sapevano anche gli altriprimo di tutti don Giacominoil qualebatteva freddo colla sposa e si faceva tirar le orecchie per tornare incasa di leiogni volta; tanto che donna Agnesina piangeva notte e giornoe sua madre non sapeva che pensare. Le povere donne avevano ancora gliocchi chiusi sul precipizio che inghiottiva la casaperché don Basiliocercava ancora di nascondere il sole collo stacciosoltanto perrisparmiare loro più che poteva quel dolore che se lo mangiava vivo. Ognigiorno che tardavano a conoscere il vero stato delle cose era sempre ungiorno di meno di quelli che passava lui!...

Tacque dell'usciere che venne a sequestrare quel po' di raccolta alleTerremorte. Tacque della scena terribile coi contadini che l'avevanominacciato colle forchevedendo in pericolo le loro giornate. Alla moglieche scopava già il granaio pel frumento che doveva venire dalleTerremortedisse d'averlo venduto sull'aia. Come essa aspettava i denaridella vendita disse che glieli avevano promessi a Natale. - Domani - Domanl'altro - Alla fine del mese -. Il pover'uomo pigliava tempo con tuttibalbettando delle bugie alle quali quasi quasi credeva anche luitantoaveva perduta la testa. - Alla vendemmia - Alla raccolta delle olive - El'usciere era stato pure nelle vigne e nell'oliveto. Finalmentenellanovena di Nataleche le donne avevano fatto voto di digiunare tutti inove giorni perché Gesù Bambino facesse succedere il matrimonio senzaintoppiscoppiò la bomba.

In casa Arlotta avevano fatto il pane quella mattina. L'Agnesetuttacontentastava anche preparando per don Giacomino certe paste che leavevano insegnate al Monastero. E lui stava a vederesopra pensieripiluccando di tanto in tanto un pizzico di pasta frolla e dicendolesbadatamentesoltanto per dire qualche cosache essa aveva le mani piùbianche del fior di farina... - lìin cucinadinanzi al fornocolcappello in testaproprio come uno della famiglia - quando comparveMenicala servacol fascio di sermenti ch'era scesa a prendere in cortee l'aria sconvolta: - Signora! signora!... - Nell'anticamera udivasi lavoce di don Basilio che pregava e scongiurava. La signora corse subito avedere e non tornò piùsenza curarsi che lasciava soli don Giacominocolla figliuola. La povera ragazzasi strinse allora allo sposoquasisapesse già che non le rimaneva altro aiuto ed altro conforto: - Cos'èstatodon Giacominoper l'amor di Dio!... -

Ahquando vide il babbo con quella faccia! La faccia che doveva averein punto di morte. Barcollava come un ubbriaco; andava di qua e di làsenza sapere quel che facessechiudendo le imposte e le finestreperchéla gente che passava non vedesse l'usciere in casa sua. Imbattendosi a untratto nel fidanzato di sua figliadon Basilio lo guardò stralunatocolsudore dell'agonia in viso. Giunse le mani e aprì la bocca senza dirnulla. Allora don Giacomino si mise a cercare il bastone e il pastranosenza dir nullafacendo ancora finta di non saper niente di nientepercortesiaed anche per evitare una scena che gli seccavaborbottando:

- Scusate... Sono d'incomodo... Mi dispiace... -

Ma come don Basilio voleva continuare a fare la commedia dell'uomotranquillocoi goccioloni dell'agonia in fronte e pallido più di unmorto: - Madon Giacomino!... Figuratevi!... Un momento e li sbrigosubito... Passate un momento in camera mia colle donne... - don Giacominosi fermò a guardarloverde dalla bilesul punto di spiattellargli infaccia: - A che giuoco giuochiamo? Finiamola adesso questa commedia! Se losanno tutti che siete rovinato! Mi meraviglio di voi che voleteimbrogliare un galantuomo... -

Ma tacque ancora per prudenza. Soltanto non ci furono Cristi pertrattenerlo. Né la vista dell'Agnesina che gli faceva la scena dellosvenimento. Né le lagrime della madre che lo supplicava tremante: - DonGiacomino... Figliuolo mio!... - Egli disse che tornava subitopercavarsi d'impiccio: - Mi dispiace. Non possoproprio!... Un momento. Vadoe torno -.

Tornò invece il notaio Zurloa restituire i regali che venivano dallasposa: il berretto di velluto e pantofole ricamatefacendo il visocompunto per procura del figliuoloun viso fra il padre nobile e ilburbero beneficotornando a dire anche lui: - Mi dispiace davvero!... Erail mio più gran desiderio. Ma voi non ci avete colpadonna Agnesina!...Ne troverete degli altri coi vostri meriti... -

E volle lasciarle anche una carezza paterna sulla guanciacon dueditasorridendo bonariamente.

Ma come vide barcollare la ragazzabianca al par di un cenciosiasciugò persino gli occhi col fazzoletto e conchiuse:

- Che disgraziafigliuola mia!... Scusate se vi chiamo così. Vitenevo già per figlia mia!... Che crepacuore mi avete dato... -

Ecco com'era venuta la vocazione alla povera donna Agnese. Ilcappellano del monastero la citava in esempio alle altre novizie chemostravansi sbigottite nel punto di pronunciare i voti solenni: - Guardatesuor Agnese Arlotta! Specchiatevi su di lei che ha provato quel che c'ènel mondo. C'è l'inganno e la finzione. - Imbrogliami che t'imbroglio. -Una cosa sulle labbra e un'altra nel cuore. - E poi che resta alla fine ditante angustiedi tanti pasticci? Un pugno di polvere! Vanitasvanitatum!... -

Cosìa poco a pocola poveretta s'era distaccata completamente dallecose terrenee s'era affezionata invece all'altare che aveva in curaalconfessore che la guidava sul cammino della salvazioneal cantuccio deldormitorio dov'era il suo letto da tanti annial posto che occupava alcoro e nel refettorioal suono della campana che regolava tutte le suefaccenduolesempre egualialle pietanze che tornavano invariabilmentesecondo il giorno della settimanaalla stessa oranello stesso piatto.Il suo mondo finiva lìal cornicione della casa dirimpetto cheaffacciavasi sopra il muro del giardinoal pezzetto di collina che sivedeva dalla finestraal gomito della stradicciuola che metteva capo alparlatorio. Le ore e le stagioni si succedevano nel monastero allo stessomodocol sole che scendeva più o meno basso sul cornicionecollacollina che era verde o brullacoi polli che razzolavano nellastradicciuolao si radunavano all'uscio del pollaio. Anche le voci deivicini erano tutte note. Allorché andò via la tessitrice che stava difaccia alla chiesuola fu un avvenimentoquando non si udì più ilbattere del pettine ogni mattina. Suor Agnese non ebbe pace finché nonriescì a sapere dal sagrestano dov'era andata e perché era andata viaquella cristiana.

Non che cercasse il pettegolezzoma per semplice curiositàmassimeda che era divenuta sorda. Siamo fatti di carne infinee il mondoostinavasi a insinuarsi sin làpian pianocoi sermoni del confessorecolle chiacchiere del sagrestanocoi discorsi dei parenti che venivano inparlatoriocolle liti fra le monachee gl'intrighi che nascevano quandotrattavasi di eleggere le cariche pel triennio. Oh allora!

Suor Gabriellach'era la superbia in personasi faceva umile come unagnello pasquale; e suor Maria Faustinaotto giorni primaaveva sullafaccia arcigna un sorriso amabile. Fra le suore poi erano conciliaboli atutte le oredurante la ricreazioneo quando si riunivano nel tinello apreparare i dolci e le paste per la solennitàa Pasqua o a Natale. Tantopiù che suor Agnese non aveva nulla da fareperché non aveva né fiordi farinané zuccheroné denari per comprarnené parenti a cuimandare in regalo i dolci. Sua madrebuon'animaera morta da un pezzo; eanche don Basilioquantunque fosse campato vecchio nei guaiperché Dioaveva voluto dargli il purgatorio in terra - e anche la zia caritatevoleche aveva sborsato le cento e venti onze della dote perché donna Agnesepotesse farsi monaca. - Pace alle anime lorodi tutti quanticompresodon Giacominoche era morto carico di figliuolie gli avevano fatto ifunerali a Santa Maria degli Angeli. Sia fatta la volontà di Dio! a suorAgnesepovera vecchiail Signore le accordava la grazia. Colle sei onzeall'anno della dotee il piatto che le passava il conventomeno ditrenta centesimi al giornoessa riusciva a mantenersi leila lavandaiae la conversa di cui non poteva fare a meno pei suoi acciacchi.Risparmiava sulle due paia di scarpe e sulla tonaca nuova che lespettavano ogni anno. Vendeva le noci e le mandorle della tavola che nonpoteva rosicchiare. Di due ova ne mangiava una leie l'altrometà peruna fra la serva e la lavandaia. Aveva anche combinato che a tavola tenevaun fornello allato al piattoe la sua porzione di minestra tornava afarla bollire perché crescesse e potesse bastare alle due donne cheavevano sempre una fame da lupi. Essa campava d'ariapovera vecchia.Talché a furia di privazioni tirava innanzi anche leie arrivava acavare di quel poco anche il caffè e il biscotto pel confessoreognimattina.

Veramente avrebbe avuto anche lei l'ambizioncella di tenere ilpastoralealmeno una volta in tanti anni. Ma alle cariche erano nominatesempre quelle monache che sapevano intrigare meglioe trovavano appoggionel parentado di fuori. Bastataceva e ringraziava la Divina Provvidenza.- Che le mancavagrazie a Dio? Mentre fuorinel mondoc'erano tantiguai! - Col buon esempioe simili belle paroleconfortava pure quellenovizie che in convento ci venivano tirate proprio pei capellisenzavocazione. Una di queste peròmaleducava e villanale rispose un belgiorno chiaro e tondo:

- Sapete com'è? La mia vocazione è di sposare don Peppino Bèrtolaper amore o per forza -.